venerdì 30 gennaio 2009

Peter Cushing does that all the time.

Nell’ultima settimana ho avuto un sacco di febbre, ho ascoltato tantissima radio e ho letto tre libri molto belli. La sinergia tra queste tre attività mi ha creato una notevole confusione mentale, devo dire, tanto più che due dei libri erano degli horror (La scomparsa dell’Erebus di Simmons e Lasciami entrare di Lindqvist); inoltre ogni volta che ho la febbre sento un irresistibile desiderio di rivedere Dal tramonto all’alba, giusto per completezza.
La cosa positiva è che tutto questo è accaduto in una casa dotata di un impianto di riscaldamento. Ebbene sì, pare che i lavori siano finalmente completati. Mi piacerebbe intrattenervi con il buffo dramma che li ha accompagnati, ma chiunque abbia avuto dei lavori in casa sa di che cosa potrei parlare (improvvisi funerali di nonni calabresi, parquet disposti secondo angoli lovecraftiani, pavimenti allagati, frigoriferi staccati eccetera) quindi non infierirò ricordandovi quei brutti momenti.

Ho fatto conoscenza con Virgin Radio, un emittente che si distingue per la più totale mancanza di contenuti. Non parlo di qualità, ma proprio di sostanza: è una radio in cui non succede un tubo. Mandano musica rock, preferibilmente di artisti vincolati contrattualmente con l’omonima casa discografica, un po’ di pubblicità e un paio d’ore di “trasmissioni” preregistrate. A intervalli regolari una voce recita i claim dell’emittente, tutti di insondabile significato. Per fare un esempio: “Rock Party”, cioè le ore serali di musica non-stop, ha come slogan: “L’unico party in cui puoi lasciarti andare senza perdere il controllo”. Eh? Ma niente a confronto di quello che recita: “Virgin Radio: l’unica radio con uno stile unico”. Ma cosa significa? Queste frasi sono così prive di senso che non posso evitare di credere che nascondano invece dei messaggi in codice super segreti; magari servono per risvegliare degli agenti dormienti, e quindi sono giustamente combinazioni improbabili di parole. O magari dovrei prendere meno seriamente questa storia degli Skrull.

A proposito di musica e audaci accostamenti di parole senza senso, un’esperienza indimenticabile l’ho vissuta a un falò sulla spiaggia di un sacco di anni fa. Ero in compagnia di un gruppo di amiche più grandi di me di una decina d’anni, che avevano appuntamento per una serata in riva al mare con una loro compagnia allargata, o qualcosa del genere, più o meno di coetanee. Normalmente mi sarei divertita, perché mi piace sentire suonare la chitarra, e c’è sempre qualche canzone da cantare; ma non in quell’occasione. Quella sera a quanto pare era in atto un revival della canzone italiana stupida. Non c’era un testo che riconoscessi, a parte ogni tanto qualche ritornello; e quello che mi metteva a disagio era il sentimentalismo con il quale quelle tizie sbraitavano testi più che imbarazzanti. Come se io a trent’anni suonati mi ritrovassi con un branco di rincitrullite a cantare “È la malinconoia, che uccide a quest’età” davanti a un falò a Cogoleto.
In un climax di canzoni brutte, si giunse a una di cui non riuscivo manco a cogliere la melodia: o non la sapevano suonare, o non la sapevano cantare, oppure era veramente orrenda di suo. Parlava di un ragazzo e una ragazza, ovviamente, robe di scuola e di concerti, e ogni verso finiva con degli ululati, una tortura. Finché non ho sentito ciò che ancora oggi per me rimane Il Verso Più Terribile Della Storia Della Canzone Italiana: “Lo sai che Luca si buca ancora”. Rimasi impietrita. Luca-buca? Non poteva essere vero. Solo davanti al tg4 di Emilio Fede ho provato un tale sconcerto. Quelle persone non potevano cantare accorate una stronzata del genere - avrei voluto scoppiare a ridere, ma temevo che le Baccanti mi facessero a pezzi. Luca-buca? Ma che cazzo di rima è? Al confronto cuore-amore è shakespeariana. Ma come si può scrivere una roba del genere? È come una figurina degli Sgorbions. Luca Si Buca. Donata Avariata. Clemente Mortovivente.

Anche se l'unica che vi si avvicina davvero è la sublime, insuperabile Irene-Rene. “Lo sai che Irene ha perso un rene?”. Quasi quasi lo uso, e scrivo un toccante canzone su un’adolescente anoressica. Che farò cantare alla Tatangelo, ovviamente.

sabato 3 gennaio 2009

dal fronte del freddo porco

Ok, mi sono trasferita nella casa nuova. Non so quando potrò mettere online questo post dato che sono senza connessione e l’università, a tradimento, ha deciso di rimanere chiusa fino al 6 dicembre, formalmente togliendomi ogni mezzo per lavorare ma va beh.

Il giorno prima del trasloco, cioè il 29 dicembre, vado a prendere le chiavi di casa e a farmi spiegare dall’ex inquilina alcune cose, tra cui il funzionamento della stufa a gas.
Vedi, quando il pomello è in linea con il tubo il rubinetto del gas è aperto, ok? Ora l’accendiamo... Sono due giorni che è spenta, aspetta che devo ricordarmi come si fa... Ecco: tenendo premuto questo pulsante esce il gas, senti?, e premendo quest’altro dovrebbe accend-
PUM!
La stufetta fa un’intensa fiammata e sobbalza. Vorrei dire “esplode”, perché quella è stata la nostra impressione, ma ovviamente se fosse davvero esplosa non sarei qui a scriverlo. Saremmo finite - io, l’ex inquilina, e un paio di famiglie di immigrati - in un trafiletto della cronaca locale: “Ennesimo incidente causato da una vecchia stufa a gas”. Dato che si tratta di un vecchio palazzo dell’immediata periferia di Milano, la cosa non avrebbe credo suscitato tanto scandalo, tanto più che sarebbero morti dei negri, una femminista e una dottoranda di sociologia, tutta gente che, diciamocelo, è meglio perderla che trovarla.
Il vetro protettivo è saltato via, e per casa si diffonde un odore di bruciato. Assordate dal botto e in evidente stato di shock, chiamiamo il padrone di casa, il quale il giorno dopo, mentre trasloco con il supporto di due eroiche amiche, mi fa trovare a casa un idraulico che mi spiega che rimarrò senza riscaldamento fino a metà gennaio, ma dopo spaccheranno i pavimenti rendendo inagibile la casa per 3-4 (cioè 9) giorni e mi metteranno un sacco di termosifoni. Poi mi porta una stufetta elettrica e mi augura buon 2009.
Nonostante tutto questo, dopo due intensi giorni di lavoro (mica solo miei: i mobili li ha rimontati lui, che credete), questa inizia a sembrare davvero una casa. Ma non era di questo che volevo scrivere, all’inizio.

L’ex inquilina mi ha venduto un sacco di cose, tra cui un piccolo termoventilatore. Per il bagno, davvero stretto, è efficientissimo: dopo 5 minuti ha già scaldato la stanza. Certo, consuma l’impossibile, ma è ugualmente una meraviglia. In fondo porta scritto il nome del prodotto: “Caldobagno”.
Ora, vi rendete conto? Stiamo parlando di quel Caldobagno. “Caro, sei in bagno?” “Bagno?! Caldobagno!” “Caldobagno?? Arrivo!” e si ritrovavano alle Maldive. Da piccola credevo che questo Caldobagno fosse un futuristico ritrovato di domotica, che scaldava le pareti stesse della casa, l’acqua del bagno e già che c’era pure gli asciugamani. E invece di trattava di un minuscolo termoventilatore? Una sorta di asciugacapelli da pavimento?? Ci credo che tutti negli anni Ottanta da grandi volevamo fare i pubblicitari, prima che la questione morale ci assalisse insieme alle tempeste ormonali!

Prima di salutarvi a chissà quando, una richiesta. Potreste consigliarmi delle stazioni radio, o meglio dei programmi radiofonici? Radio normali, non webradio o podcast - stazioni FM, sapete, che si sentano su Milano.
Per intenderci, il mio programma preferito, purtroppo scomparso insieme a RockFM, era Eclettica; altri che mi piacciono sono Prospettive musicali, Rotoclassica e non so come si chiama ma c’è uno con un forte accento inglese, su Radio Popolare; Alle otto della sera su Radio2, e programmi che sento casualmente su Radio1 e Radio3 (che però si sente malissimo a casa mia). Va benissimo musica classica o “difficile”, ma che ci sia qualcuno che la introduca.
Ovviamente, odio quelli simpatici e odio il reggae.
Grazie di ogni suggerimento!