lunedì 4 maggio 2009

sprecati

Voglio sottolineare una cosa a cui tengo potrà sembrare banale. Ma i ragazzi che hanno visto non hanno proprio fatto nulla siamo state noi, sei ragazze, che abbiamo preso in mano la situazione per aiutare lei. Non voglio fare l'eroina. Ma c'era gente che rideva vedendo loro due. Anche noi, è vero non abbiamo realizzato subito. Lei stava male era priva di sensi pensavamo la stesse aiutando. Quando piano piano ci siamo avvicinate.
E' stato bruttissimo e se non fosse stato per la polizia a quest'ora quella merda di uomo sarebbe ancora in giro.
A me non interessa se sia di un altro paese. Le violenze avvengono anche nelle nostre mura mi ha schifata la gente che andava a caso per picchiare. Per puro divertimento e sfogo delle frustrazioni che hanno dentro. Vigliacchi e basta artefici con le loro mani di tutta questa merda. Loro e lui. Di violenze, aggressioni... portano contenti in mano una busta e l'altra pronta con le schede... Gente strafatta senza un senso, una morale. Per non parlare delle amiche della ragazza che hanno dubitato fino alla fine del fatto espressamente accaduto. Mi fa schifo pensare che noi giovani che abbiamo in pugno il mondo non sappiamo trovare i mezzi per gestirlo. Dove cazzo finiremo ?
Portandoti con te una violenza del genere cosa mai potrai pensare? Di chi ti fidi poi?
Mi piange il cuore per la ragazza ma per noi ragazzi giovani giovanissimi che ci stiamo perdendo cosi, sprecati. Mi piange il cuore credere che non ci sia bene nemmeno per noi stessi.


Anonima, su http://lombardia.indymedia.org/node/17089?page=1

domenica 3 maggio 2009

MayDay, mutanti urbani e gente stronza

Se scrivo, è solo perché non vedo da nessun'altra parte la stessa cosa che vorrei scrivere io, già scritta e quindi sicuramente scritta meglio.
Passano notizie, commenti, fatti, e mi ritrovo a esclamare cose, che sono sempre da sola a pensare, almeno nella cerchia blogosferica/internettiana che conosco (che non è nemmeno tanto ristretta, visto le ore che perdo a leggervi tutti). Sono le volte che penso: beh, è un peccato non scriverci un post, su questa cosa. Di solito vince il partito "che sbatta" e non se ne fa niente, ma oggi ho studiato abbastanza e voglio premiarmi.

Sono abbastanza vecchia da aver visto nascere il movimento Chainworkers, San Precario e tutto l'ambaradàn. E' un movimento per cui ho subito avuto simpatia, perché mi sembrava che davvero fosse l'unico in grado di cogliere un disagio del mondo del lavoro che nessuna organizzazione sindacale e nessun partito voleva vedere e affrontare, coglierlo e interpretarlo secondo coordinate e parole nuove. Il precariato è una condizione trasversale ma che ha il potere di evidenziare, come nel famoso liquido di contrasto che vedo sempre nei telefilm stupidi che piacciono a me, condizioni socioeconomiche di base che attengono alla sfera culturale di un paese: l'essere donna, l'essere straniero, l'essere transessuale, ma anche questioni come le periferie urbane, l'abbandono scolastico, condizioni famigliari non previste (cioè in pratica tutte: madri sole, conviventi invisibili, padri divorziati ecc). Mi piacevano le loro tattiche di lotta, il loro sforzo per inventare nuovi metodi che non fossero quelli creati per altri lavoratori e interdetti ai nuovi: sabotaggi, subvertising, uso creativo e intelligente della rete (vedi Molleindustria) eccetera.

Non ero mai andata a una MayDay Parade, però, fino all'anno scorso. Devo dire che è l'unica manifestazione a cui mi sono realmente divertita, ultimamente - anche perché l'ho guardata da fuori ridendo come un'idiota della gente assurda che passava. Sì, voglio dire, è difficile diciamo identificarsi, o anche solo fare un ragionamento di carattere politico di un corteo come quello, composto per il 50% (voglio essere generosa) da stonati totali che si dimenano in gruppo dietro a camion che non appartengono né a movimenti né a centri sociali, privi di qualunque striscione o simbolo di appartenenza, e che dai volantini che lanciano sembrano appartenere a locali e discoteche dell'hinterland. Infatti buona parte della musica che si sente è l'house duro e puro di Rozzano, e le facce (i muscoli, gli occhiali, le canottiere, le panze) sono quelle lì.
Rispetto all'anno scorso, quest'anno la percentuale di discotecari sembrava pure aumentata, il numero di striscioni ridotto all'osso, sempre meno sigle e associazioni. Certo, c'era il carro degli organizzatori, il risciò di Serpica Naro (...), il camion degli intellettuali (studenti e precari della ricerca), un gruppetto sfigatissimo di precari dei call center dietro a un Doblò, un centro sociale, militanti vecchi di sigle ottocentesche, sindacati di base, un'associazione di inquilini di case occupate (?), apparentemente degli squatters. Ma era poca la gente che radunavano, minimo il loro impatto: è stato letto il comunicato stampa diffuso nei giorni precedenti, ridotti all'osso gli slogan e i cori (il grado zero, per dire).
Si ballava.
Si ballava e si ballava, si beveva come otri e ci si stonava come campane.

In un'atmosfera di stanchezza come non ne ricordo. Non c'era allegria, non c'era gioioso cazzeggio, non c'era ggiovane rabbia felice di essere tale, non c'era vitalico sfogo contro il mondo brutto e cattivo: non c'era nulla, tranne il ballo.
C'erano i discotecari truzzi, il cui comportamento meriterebbe sul serio di essere studiato dai miei colleghi. La cosa che più mi affascina sono i loro criteri estetici. I ragazzi palestrati, oliati, tirati fino a strapparsi, mezzi nudi, si piacciono a tal punto che vorrebbero leccarsi. Ballano con tutto il corpo, sottolineando ogni parte del loro amato corpo, ancheggiando, rivolti esclusivamente al dj e ai loro amici - ballano da soli o per i loro compagni. Le ragazze impresentabili: panza di fuori, sgraziate, volgari, sembrano ballare non per piacere ma per dovere, per cercare l'attenzione dei maschi, per meritare un loro sguardo - sguardo che raramente, molto raramente ricevono.
Con la musica ipnotica i ballerini cambiano: molto più stonati, molto più puzzolenti, potremmo dire più "alternativi" o anche semplicemente appena scappati dal manicomio. I ragazzi stanno dietro il camion, cercando di fottere con gli altoparlanti; le ragazze cercano di mettersi tra loro e gli altoparlanti per avere la loro dose di movimento pelvico, ma la loro presenza o assenza non sembra venire particolarmente notata.
Intorno a piazza Cordusio si poteva fare un conto dei feriti in battaglia: un paio d'ore di birra a 1,50€, vodka a 3€ e droghe in quantità inimmaginabili aveva trasformato i manifestanti in fabbriche di urina e vomito. I vigili erano appostati nei vicoli, per evitare che gli animali cagassero per strada - dopotutto è pur sempre il centro di Milano, che diamine. Intorno a Lanza già c'erano un paio di tizi sdraiati sui marciapiedi, e di quello che c'era a Parco Sempione sarebbe stato bello non dover parlare.

Sì, sono arrivata al motivo del post, eccomi qui.
Questo blog è a favore delle droghe, dell'abbassamento dell'inibizione e dell'apertura delle porte della percezione. Ballare stonati come cammelli è una cosa molto divertente, prendere sostanze che rendano felici è una cosa molto bella. Autodistruggersi è un'altra cosa - questo blog è anche a favore dell'autodistruzione, ma non è questo il punto; autodistruggersi è contrario a ballare in compagnia, perché si balla in compagnia di amici, e gli amici solitamente sono lì per evitarci di stare male.
Così, quando vedo una persona che sta male, una persona che non si regge in piedi, che sviene su un'aiuola, che si vomita sulle scarpe, mi chiedo: dove sono i suoi amici? Perché non sono con lui, perché non lo stanno aiutando?
Non lo aiutano perché va bene quella cosa, va bene stare male, bere fino a vomitare, prendere droghe fino a crollare svenuti. Va bene, fa parte della festa, fa parte dell'essere alternativi, fa parte del divertimento. Va bene stare da soli, va bene che i tuoi amici se ne battano il belino di dove sei e come stai, perché cioè siamo sgamati, siamo gente di strada, siamo giovani scapestrati e liberi, mica dobbiamo stare qui a farti da balia no? Se non sei in grado, meglio che impari in fretta. E poi cioè, hai presente quante storie simpatiche potrai raccontare di quella volta che eri così fatto che non sapevi nemmeno parlare e hai beccato quei tipi oh troppo fuori che stavano messi peggio di te e uno aveva un bottiglione che non ci crederai siamo stati lì in mezzo a tutta la gente che passava e a un certo punto un cane tra un po' mi pisciava addosso, oh pazzesco, ti giuro manco me ne stavo accorgendo, abbiamo riso per delle ore non riuscivamo a smettere, poi siamo andati insieme a cercare sigarette e oh le figure di merda, come ci guardavano tutti, poi non ricordo mi sono steso da qualche parte e al risveglio ho cercato gli altri, i bastardoni manco uno squillo eh, e niente, siamo tornati, che il viaggio è stata un'altra avventura che poi ti racconto, comunque l'anno prossimo devi troppo venire anche te.

Quando ieri sera ho letto la notizia dello stupro di una ragazza al Parco Sempione, alla fine del corteo, non ho potuto evitare di pensare che magari quella ragazza l'avevo pure vista. Poteva essere la bionda, quella che cercava di alzarsi ma continuava a cadere a faccia in giù vicino al cespuglio - il cespuglio dove la gente andava a pisciare, e per entrarci camminava vicino alla sua testa, completamente incurante. Dov'erano i suoi amici? Non saprei, forse appena più in là. A un certo punto un signore l'ha aiutata a sollevarsi e l'ha messa a sedere su una panchina, almeno lì non rischiava di farsi calpestare. Ma lei stava troppo male, seduta non sembrava starci bene, quando siamo tornati a guardare dalla sua parte era già in piedi, con le braccia intorno allo stomaco, che si stava incamminando non so verso dove.

Oggi le Femministe a Sud hanno pubblicato un post sul comunicato rilasciato dagli organizzatori della MayDay, che ovviamente vi invito a leggere qui. Ne cito due brani:
Questo ci sembra uno dei nostri problemi: la quasi totale assenza di riflessione su violenze e sessismo che sono certamente dentro o attraversano i nostri spazi durante occasioni in cui l'adesione al motivo politico che le caratterizza spesso non è esattamente la caratteristica centrale di chi vi partecipa. Se non si riflette su ciò che avviene nei "nostri" spazi non si può certo cogliere con chiarezza l'entità del problema all'esterno.
(...)
Ogni luogo, ogni centro sociale, ogni spazio si interroghi e chieda alle compagne se si sentono davvero “libere”, se subiscono o meno atti sessisti, se il machismo è gradito o no, se non va rimesso in discussione un particolare modello di mascolinità a partire dai luoghi che frequentiamo. Ognun@ ha il dovere di fare diventare la violenza maschile contro le donne una priorità politica tanto quanto la Palestina, i migranti, il lavoro, il fascismo e tutto quello che ci/vi interessa. Non sono cose di donne. Sono cose che interessano tutte e tutti.


Non solo non c'è riflessione su violenza e sessismo: non c'è riflessione sulla solidarietà tra "compagni", compagni di manifestazione, di lotta, di corteo, di viaggio in treno, di occupazione. Ho sempre visto, nei centri sociali, questa freddezza, questa stronzaggine estrema. Luoghi chiusi, ermeticamente chiusi, nei quali se non conosci il capobranco, se non ti fai vedere spalla a spalla con quelli giusti, puoi abbandonare la speranza di essere accettato. Luoghi senza gentilezza, senza umanità; luoghi che ho abbandonato perché ho sempre pensato che se non sei capace di guardarmi negli occhi e sorridermi quando ti sto davanti, se non sei capace di essere accogliente con il prossimo, non posso credere che tu sia capace di solidarizzare davvero con i popoli sfigati dall'altra parte del mondo, o i migranti della tua città, o gli operai del quartiere vicino. Non ci credo, mi spiace.

E c'è un'altra questione, altrettanto importante. Quegli altri ragazzi, i discotecari, quelli che dal punto di vista dei militanti si sono "imbucati" nella festa dei precari, i truzzoni delle periferie: quei ragazzi, chi sono? Erano tantissimi, sono tantissimi, sono senz'altro la maggioranza dei ragazzi della loro generazione: chi diamine sono? Perché non frega a nessuno di loro? Non ai sociologi, che li snobbano perché non sono abbastanza marginalizzati da rendere cool occuparsi di loro, e non sono abbastanza indie perché sia cool riconoscersi in loro; non ai militanti, che li snobbano perché ignoranti e berlusconiani, massa senza cervello plasmata dalla televisione; non agli intellettuali, che cantano e filmano sfigati scoliotici e creativi, o miserabili dalle vite tragiche; non a noi, i blogosferici, perché non stanno nel web 2.0 e chi non sta nel web 2.0 è come se non esistesse; chi mai si occuperà di loro?
C'è qualcuno che sa cosa provano, di cosa hanno paura, cosa desiderano, come passano le giornate? C'è qualcuno che tiene a loro, che tenta di raggiungerli e di comprenderli?
Penso che la risposta sia "no". E ciò mi addolora e mi spaventa. Una generazione abbandonata, che cresce come può, da sola, e con cui non potremo per molto tempo ancora fingere di non avere nulla a che fare.


(questo post non sarebbe stato possibile senza il farmacista di fiducia di John Congleton, che ringraziamo)