domenica 22 marzo 2009

The Watchmen delusion

Qualche settimana fa ho visto un film bellissimo: Revolutionary Road.
Sono entrata in sala con le peggiori aspettative e quattro valigie di pregiudizi. Perché? Perché ho amato immensamente il libro, che è un libro amaro e quindi non facile. Perché il regista, Sam Mendes, è quello di American Beauty, che sì, ho adorato alla sua uscita, ma ero tanto più giovane di adesso e ne capivo ancor meno di cinema, e a ripensarci ora si trattava di un film ammiccante, piatto, che si scriveva da sé. Perché sì, amo alla follia sia Kate Winslet che Leonardo di Caprio, li ritengo degli attori fenomenali, guarderei qualsiasi film in cui essi recitano, ma, mi chiedevo, avrebbero avuto (loro o i loro agenti) il coraggio di interpretare dei personaggi così poco, come dire, simpatici, con i quali nessuno si vorrebbe identificare, così vuoti e persi? E in ultimo, i produttori avrebbero scommesso sul fatto che il pubblico avrebbe premiato un film senza happy end, ma anche senza happy iniz, insomma un film in cui la vita è una merda sostanzialmente perché *tu* sei una merda?

Revolutionary Road, invece, è un film perfetto. Regista e sceneggiatori hanno capito il libro, hanno capito cosa bisognava togliere e cambiare per renderle la storia adatta al linguaggio cinematografico, hanno tolto il punto di vista di Frank (il suo monologo interiore) per lasciare che esitazioni, meschine strategie, ripensamenti si mostrassero nell'azione. Hanno scelto di non usare per il film momenti per me importantissimi (nel libro) - come la confessione di April, tutta la parte sul padre di Frank, nonché il flashback autobiografico del vicino (personaggio secondo me tra i migliori, tra i più originali usciti da una penna statunitense) - perché era giusto così, perché nel film sarebbero stati inutili. Hanno saputo scegliere le scene importanti, e le hanno valorizzate.
Oltretutto i responsabili del casting sono stati dei maghi, e il loro lavoro è esemplificato dalla scelta del tremendo Michael Shannon, già protagonista di Bug di Friedkin, per il personaggio del figlio dell'agente immobiliare, lasciandolgi la possibilità di dare il meglio di sé, con il risultato di rendere alla perfezione il superficiale rapporto che ha con la malattia mentale chi si bea di sentirsi emarginato ma non lo è affatto.
In ultimo, Winslet e Di Caprio sono stati immensi, mostrando smorfie, rughe, stanchezza, cattiveria, lacrime, fallimento.
I pregiudizi, davanti a un film bello come questo, si dissolvono ai primi minuti di proiezione.

Avevo molti pregiudizi intorno a Watchmen. Il trailer, tutto al ralenti, mi aveva fatto venire l'orticaria, e mi aveva rivelato, di sfuggita, scelte di casting davvero inspiegabili.
I tanto osannati titoli di inizio, con la pessima, pessima scelta di "Times they are a-changing" (ironica a quanto pare, ma in mano a Snyder anche l'ironia risulta greve) e quella perla di Silhouette che limona duro con l'infermiera (...), mi avevano confermato - dato che tutto il mondo li giudicava il momento migliore del film - che Watchmen sarebbe stata una cagata immane.

Diciamolo subito: non è brutto quanto pensavo. Vero è che io pensavo che sarebbe stato una roba alla Uwe Boll.
Vorrei spiegare perché questo film è molto brutto. Purtroppo dovrò far ricorso a millemila spoiler per farlo, dato che è impossibile, per me che non sono del mestiere, fare una recensione senza esempi. Ma devo farlo, perché non sopporto chi si limita a scrivere "E' bello perché è perfetto così e se non l'avete capito boh o siete snob o al massimo de gustibus". Giudizi del genere non servono a nulla, né a chi scrive né a chi legge. Ok il rispetto per le opinioni altrui, ma le opinioni non crescono né si formano senza discussione.

Questo film è noioso e confuso. Chi conosce il fumetto riuscirà, con fastidio, a ricostruire cosa accade sullo schermo. Per chi non conosce il fumetto, il 60% della storia apparirà completamente insensata. Fin dall'inizio, non si capisce nemmeno cosa sia questo Keene Act. Oddio, certo, si capisce che è una legge contro i supereroi in costume: sì, ma da dove esce? Motivata da chi, da quali posizioni politiche e da quali argomentazioni pubbliche? Boh. Chi ha un po' di letture di supereroi alle spalle, conosce benissimo la retorica "antisupereroe" che attraversa tutto l'universo dei comics, fino a sfociare nella recentissima "Civil War"; chi non ha queste letture alle spalle, no. Quindi Snyder si fa cinque minuti di seghe seppiate coi titoli di coda, citando i Minutemen originali e quant'altro (cosa, ripeto, che lo spettatore non fumettarolo non avvertirà nemmeno) però non spreca mezzo secondo a darci un quadro di cosa la gente pensa dei supereroi, cosa è accaduto, come i supereroi pensano se stessi.
L'iniziale dialogo tra Nite Owl 1 e Nite Owl 2 è, per esempio, completamente inutile: non riassume gli eventi del passato (l'hanno già fatto i titoli), introduce un personaggio che subito dimenticheremo, e non dice nulla di uno degli assi portanti dell'opera: il rapporto tra la vecchia concezione del supereroe e l'irruzione dell'ultrauomo divino, ossia il Dottor Manhattan.

In pratica, tutto gira attorno a una minaccia nucleare della madonna di cui tutti hanno una paura del diavolo, giusto? Ora, ditemi quando e dove c'è paura.
Ci sono due titoli di giornali (didascalicissimus), Nixon con un naso incomprensibile (sembra Steve Martin in "Roxanne") che dice "Passiamo a DEFCON 2" a un consigliere che (così capiamo meglio che si tratta di nucleare...); infine c'è Nite Owl 2, angosciato dalla sua impotenza, che dice "Non voglio più aver paura della guerra". Fine.
L'unico vero movente dell'azione è così sottotono, così lasciato in disparte, che veramente potrebbe sfuggire alla maggior parte degli spettatori.
In compenso, ci sono tante di quelle scene inutili che è difficile tenere il conto. Già abbiamo detto di NIte Owl 1; poi c'è l'interminabile rivolta della prigione, scontatissima nel suo ricalcare lo stereotipo da telefilm; la scena in cui Nite Owl 2 e Silk Spectre 2 scopano nel modo meno passionale, meno romantico, meno intenso, meno sensuale che ci si può immaginare... Ma la perla è la rissa (al ralenti!) tra i due piccioncini e i cattivi dei caruggi, inutile e sgradevole nella sua violenta: sangue che spruzza, ossa spezzate, viscere, morti dolorose... Uno spettacolo del tutto fuori contesto. Ma quali supereroi "buoni" al mondo (Punitore a parte) maciullano in un modo tanto lento e crudele? No, non me ne ricordo nessuno. E' stata una visione fastidiosa anche per me che amo l'horror e la settimana scorsa ho visto una donna scorticata viva da capo a piedi: ma se in "Martyrs" lo "splatter", per così dire, era più che contestualizzati, era *artistico*, qui invece tali scene sono state girate in tal modo solo per poter dire e far dire: "Ehi, guarda quanta azione c'è in 'sto film!".
La stessa "azione" che motiva una delle scene più ridicole del film, ossia l'infantile scaramuccia tra Nite Owl 2 e Rorschach contro Ozymandias (al ralenti).

Le scelte musicali sono pietose. Non parlo del tema della colonna sonora ovviamente, ma proprio delle canzoni. Sono fuori luogo e rivelano l'incomprensione e della scena e della canzone in sé. L'unica che mi è piaciuta è stata la scelta di Philip Glass come accompagnamento della storia del Dr Manhattan.
Ecco, il Dr Manhattan... Madò, questa recensione è davvero difficile da scrivere! E' così sbagliato quel personaggio che non si sa da dove iniziare. I suoi "poteri" sono affrontati in modo semplicistico, la sua psicologia ridotta ai minimi termini. Il modo in cui percepisce il tempo e la materia sono raccontati con una superficialità degna di Quark, e la sua personalità è ridotta ai minimi termini, schiacciandolo sullo stereotipo dell'alieno incapace di sentimenti.
Vogliamo passare a Ozymandias? Un uomo con la testa MINUSCOLA e una faccia da stronzo vendicativo che pretende di fare l'eroe buono? Dio, appena lo vedi sai già che farà qualcosa di orribile - ma è ovvio, guardagli la faccia! Veidt dovrebbe essere un essere umano benedetto da un intelligenza (e una volontà) superiore che l'ha portato a essere, con l'allenamento e lo studio, superiore in ogni campo. Dovrebbe essere alto, prestante, bellissimo, avere un volto sereno, lineamenti regolari, ispirare fiducia e autorità senza nemmeno muovere un dito. L'attore scelto per impersonarlo, invece, avrebbe dato il meglio di sé se scritturato nel ruolo di Vermilinguo: un infido nanetto con troppi muscoli e troppa ambizione.
Poi: la voce fuori campo di Rorschach è insopportabile. Non dà alcun senso di paranoia o di oppressione, non è la Cassandra della catastrofe, ma la ripetizione dell'ovvietà: noioso, pesante e didascalico. La città che odia e teme Rorschach manco la vediamo: dov'è questo sudiciume, dov'è questa corruzione? In una troia che lo insulta a muzzo? Ma si vada, Snyder, a recuperare "Batman Begins", si vada a riguardare Gotham, impari come si fa a ritrarre, senza sottotitoli e voci fuori campo, cos'è il terrore della metropoli, com'è fatta una città che toglie il fiato dall'angoscia e dalla paura.
Silk Spectre 2 - e ho finito - è sufficientemente insipida. Certo, non passa la sua inadeguatezza, non passa il fatto che a lei della giustizia notturna, dei combattimenti, dell'essere una supereroina in fondo non glien'è mai fregato una cippa, e l'ha fatto solo per sua madre. Ma queste sono sottigliezze davvero, in questo mare di disastri.

La "soluzione finale" ideata da Moore era veramente fantascientifica. Era veramente una roba che avrebbe sconvolto il mondo al punto da far risultare nulli i conflitti antecedenti e inaugurare un'epoca di pace e stabilità. Era veramente una roba fuori dalla grazia di dio. Certo, era infilmabile (eh, lo so, Jack. ce n'erano, qui, di cose infilmabili: eppure te ne sei fregato). Snyder l'ha sostituita con un piano che fa acqua da tutte le parti. Non si capisce affatto perché la Russia debba far pace con gli U.S.A. dopo che un'arma degli statunitensi è sfuggita loro di mano causando catastrofe. Ma siamo folli? Nella realtà, i russi - facendo finta che avrebbero creduto a questa versione e non avrebbero invece pensato a una malvagia strategia americana - dicevo, i russi si sarebbero incazzati e si sarebbero vendicati con millemila bombe: se la colpa è del supersoldato americano vanno puniti gli americani, no? No, nell'universo di Snyder il fatto che il supersoldato sia sì statunitense, ma blu, evidentemente basta a far sì che i russi non lo giudichino figlio della grande America e invece di incazzarsi come iene divengano concilianti e razionali.

A questo punto uno dice:"Eh ma che dici, il film è fedelissimo, il 90% delle scene sono sputate a vignette del fumetto!"; sì tesoro, le scenografie sono perfette. Ma questo non significa nulla, se poi dimostri di non aver capito il senso.
Il senso è il grande problema di Watchmen.
Io ho letto il fumetto tre volte. La prima: "Ehi, belin, figatissima". Poi mi è stato detto: sì ma hai guardato le tavole? Ti sei resa conto dell'importanza della griglia, dei rimandi di forme e di colori, del fatto che una pagina può essere letta passando da una vignetta all'altra con un percorso a zeta o circolare orario o antiorario? E io: ops. Così l'ho riletto. E l'ho riletto una volta ancora.
E ancora oggi, non posso che ammettere che no, non ho capito tutto quanto c'è in Watchmen. Per molti motivi, tra cui almeno uno che un po' mi scagiona: l'ho letto venti anni dopo la sua nascita. L'ho letto dopo aver letto l'intero Sandman. L'ho letto dopo che, in "Authority", Ellis crea un pseudo-Superman e uno pseudo-Batman gay innamorati l'uno dell'altro (e che, sotto Millar, adotteranno e cresceranno una bambina). Avete capito, immagino. L'ho letto quando i supereroi erano già diventati postmoderni, diciamo - o comunque quando erano già diventati a me contemporanei. Non potrò mai capire l'impatto che Watchmen ha avuto sui lettori e in generale sul fenomeno "comics". (Stephen King ha scritto che non capiremo mai "Dracula" di Bram Stoker se non ci renderemo conto che gli eventi che raccontava erano contemporanei ai suoi lettori: egli aveva portato in mostro in città, aveva portato il male nelle loro case, nella loro vita quotidiana. per noi, "Dracula" è un romanzo gotico, e tuttora facciamo l'errore di pensare ai "veri" vampiri come a esseri incipriati e raffinati, usciti dritti dall'Ottocento.)
Per riuscire a fare realmente un omaggio, per riuscire realmente a "farlo uguale", Snyder doveva tener conto di questo. Doveva riportare la portata rivoluzionaria, la complessità grafica, l'amarezza e la disperanza di Watchmen ai giorni nostri. Non l'ha fatto. Ha pensato che bastasse costruire due fondali, mettere gli attori nelle stesse posizioni e utilizzare le stesse linee di dialogo per riportare magicamente lo spirito di quell'opera; e ciò che ha ottenuto è un polpettone noioso, incomprensibile e al ralenti.

Mi fermo qui perché in realtà lo stupore e il fastidio che mi porto dietro dalla visione mi spingerebbero a scrivere ancora di più. Anzi, chiedo scusa per la logorrea.
L'unica cosa che mi consola è che il film sia andato maluccio al botteghino. Certo, la cosa non significa nulla: raramente c'è corrispondenza tra successo di vendita e qualità del film, lo sappiamo bene. Però, uh, concedetemi questa piccola soddisfazione...


Link.
Watchmen Tomatometer (la versione dei critici)
Watchmen su Metacritic (idem)
una recensione positiva: Kekkoz su Memorie di un giovane cinefilo
una recensione negativa: Elvezio su Malpertuis
il parere di Bellycat in msn, copiaincollata qui

martedì 17 marzo 2009

un'altra, grazie

Un paio di settimane fa alla radio mi sono trovata ad ascoltare il conduttore chiedere un’opinione sul motivo per cui la crisi non si vede nei consumi di leisure urbano - insomma, il solito “i ristoranti son sempre pieni”. Le risposte erano di due tipi, provenienti da due tipi di persone diverse: i giovani e i non giovani. I non giovani dicevano che la gente è malata di consumismo. I giovani dicevano: ristorante? io lavoro da 10 anni come precario, la crisi non la sento perché per me la crisi c’è sempre stata, e non ho bisogno di ridurre i consumi dato che non ho nulla da consumare.
(la risposta alla domanda era ovviamente: Milano non fa testo, deficiente. questa città è piena di ricchi, te ne sei accorto ora? oppure cosa, pensi forse che qualche mese di crisi economica possa radere al suolo un’intera casta?)

C'è qualcosa che mi urta profondamente nella retorica della descrescita felice. In parte perché spesso mi sembra che nasconda una tentazione alla nostalgia del passato, l'impulso al "tornare indietro". Personalmente non ho intenzione di decrescere di un solo millimetro! Io voglio crescere un sacco, al contrario; voglio una ricerca che mi sforni tecnologie che possano coniugare benessere e sostenibilità - non voglio tornare indietro. Capisco che ad alcuni piace l'idea di tornare alla natura, di vivere in campagna eccetera: ma è un desiderio e un'inclinazione personale, trovo molto ingiusto che venga venduta come la soluzione dei buoni.
Il secondo motivo per cui mi irritano certi discorsi su consumo, riciclo, autoproduzione, è che, di nuovo, non si tratta di soluzioni ma solo di hobby mascherati. Del tipo: "Ti è piaciuto il decoupage? Unisci l’utile al dilettevole e fatti il sapone in casa, vedrai, sarà ancora più divertente". E di nuovo: preferisci usare il tuo tempo libero oziando? Fellone! Dovresti darti da fare e cucinarti le maschere per la pelle con le piante grasse!

Ma io dico: invece di produrre alternativamente delle cose, non puoi semplicemente farne a meno?
Cosa te ne frega della pelle secca? Al massimo acchiappa al volo un barattolo di crema all'hard discount, che te le tirano dietro, e bon. Tanto no, tu non vali comunque.
Idem con la menata del farsi il pane in casa e tutto il resto. Non fingete che non sia semplicemente una roba divertente da fare, non ditemi che si tratta di risparmio o qualità, vi prego. A quanto vedo coi miei occhi, un buon 80% della popolazione è in sovrappeso, da lieve a grave, il che significa che no, non abbiamo alcun bisogno della pizza casalinga, e quindi no, non si tratta di risparmio, perché ci sono poche spese superflue quanto il cibo che ingurgitiamo come otri da mattina a sera.

Ah no certo, non si può dire. Bisogna dire che ci si gode la vita, la buona tavola, che su tutto si può risparmiare ma non sul buon vino, eccetera. C'è un canone ed è comunque il canone del consumo. Se proprio non puoi permetterti il prodotto finito, procurati gli ingredienti e fattelo da te - ma per dio non farti mancare nulla: ne moriresti.

Ma la cosa che definitivamente mi fa incazzare, è la scoperta della crisi. Torno alle prime righe di questo post: la crisi per un sacco di gente, soprattutto giovani, c'è da sempre. Da quando siamo usciti dalle superiori non fate che ripeterci che non c'è posto per noi, che siamo in esubero, che abbiamo studiato troppo o troppo poco o comunque cose inutili, che non avremo la pensione, che non avremo la mutua, che non avremo il mutuo, non avremo una casa, non avremo una famiglia. Da dieci anni ormai ci prendete e ci buttate, ci fate lavorare a singhiozzo, ci licenziate senza preavviso, ci fate pagare delle tasse senza darci nulla in cambio, e ora ci venite a parlare di contratti di solidarietà, di sussidi di disoccupazione, di cose che comunque varranno solo ed esclusivamente per i lavoratori già protetti, quelli sindacalizzati, quelli delle grandi aziende, quelli che non siamo noi. Per noi, è "No future" da quando siamo nati.
E ora che voi finalmente annusate un pochettino della merda in cui viviamo, ci venite a dire di non andare a berci una birra perché "non sta bene, c'è la crisi"?

Ma andate a cagare, voi e la macchina per il pane.

giovedì 12 marzo 2009

dalla bottiglia di orzata dove galleggia Milano

Una volta in via Sestri c'era un banco dei dischi. Tipo i banchi del mercato, ma fisso, lì davanti a Bagnara - chissà se c'era già quell'aiuola dietro, o se l'hanno messa dopo - ogni sabato pomeriggio. Era di un tizio che aveva anche un negozio di dischi normale, a Rivarolo, ma via Sestri il sabato pomeriggio spacca, c'è tutto il Ponente, voi non sapete. Quindi il tizio veniva col suo banco, che era coperto da un telo verde a mo' di tetto. Era un tempo ingenuo, in cui nelle videoteche si potevano noleggiare anche i cd musicali, e il confine tra legittimo e piratato era sfumato; insomma con 'sto tizio sapevi mica cosa ti vendeva, te ne accorgevi poi una volta aperta la cassetta - senza libretto, magari, e con l'ultima canzone che finiva all'improvviso. E comunque quel tizio non mi piaceva, mi intimidiva.
(c'erano altri due negozi di dischi. uno era proprio in via Sestri e il negoziante era il perfetto prototipo del negoziante genovese stronzo, il giorno in cui ha chiuso è stato un giorno di gioia. l'altro era in via De Andrade, loro erano invece gentilissimi (magari sono piemontesi), e spero che non abbia chiuso nel frattempo ma forse sì. basta, non ci sono altri negozi di dischi a Sestri.)
Mio padre lo conosceva quel tizio della bancarella, perché era di Rivarolo e mio padre a quanto pare conosce tutti quelli di Rivarolo della sua generazione, anche se la maggior parte di loro ormai è morta di amianto o di tristezza. Così insomma ho chiesto a lui, quando è uscito, di comprarmi "Le nuvole" - e originale stavolta, perdio.
Fino al 1991 di De André avevo ascoltato solo due dischi: un'antologia (questa) e il doppio live con la PFM. Non c'erano altri suoi album in giro per casa. Quelli che poi sarebbero diventati i miei preferiti, quelli del periodo '70-'74, erano troppo intellettuali per i miei genitori, forse non li conoscevano nemmeno; e i dischi precedenti... Ecco, questo è un po' il casino quando hai dei genitori vecchi, più vecchi del normale: si sono già stufati di tutto quello che tu devi ancora scoprire. De André era roba dei loro 20 anni, si erano commossi innamorati incazzati con le sue canzoni, le avevano ballate e cantate - e 20 anni dopo ce n'avevano pieni i coglioni.
Quindi "Le nuvole" si apprestava a diventare il primo disco di De André tutto mio. Ed era un disco difficile ma anche goliardico - disomogeneo, avrei potuto dire se avessi conosciuto quel termine - che conteneva canzoni a me incomprensibili (o perché in dialetto, o per il testo troppo poetico o infarcito di citazioni a me fumose). L'ho ascoltato tantissimo. Con diffidenza, con entusiasmo, con ostilità e con timidezza, l'ho ascoltato tantissimo. Quelle di 'Â çímma sono state le prime parole in "vero" genovese che ho imparato.
In "Le nuvole" c'è La domenica delle salme.



Ero in prima liceo, quindi si parla del '96 penso, quando il mio professore di greco non so a che proposito accennò a "Le nuvole" come al peggiore di De André. Io reagii indignata affermando che si trattava di un disco bellissimo, anche se non ne ero proprio certa - ma era il *mio* disco, che diavolo. Lui rispose, con sufficienza, che i dischi precedenti erano molto più belli. Fu la prima delle innumerevoli volte che qualcuno mi diceva che ciò che era accaduto prima di me era mooolto meglio. Restai senza parole, sentendomi in colpa perché non conoscevo quanto era accaduto prima di me - per la prima di innumerevoli volte. Ci rimasi così male che, poi, per anni ho ascoltato di malavoglia questo disco, quasi vergognandomene.
La gente è veramente stronza.