domenica 14 dicembre 2008

texas chainsaw massacre

L'università, dicevo.
I tagli sono sbagliati, questo penso sia evidente. I cambiamenti si fanno con gli investimenti, non con i tagli. Con cambiamenti generazionali, riforme amministrative, riforme della didattica, democratizzazione degli organismi decisionali interni agli atenei, apertura all'estero/esterno, la valutazione e la qualità. Se togli le risorse, hai voglia a dire che sopravviveranno solo i migliori: sopravviveranno i più adatti, che nel sistema attuale significa semplicemente i più raccomandati e i più mafiosi.
E' altrettanto evidente il disegno di svalutazione e di riduzione dell'istruzione pubblica, così tout court, a favore di una privatizzazione del comparto scolastico e dell'alta formazione. Che di nuovo, chissà se è di per sé un male; ma in questo Paese, significherebbe semplicemente istruzione per ricchi e ignoranza per poveri, tutto qui.

D'altro canto, l'università è già per ricchi. Non conosco ragazzi che siano riusciti a concludere il proprio percorso universitario senza un pesante contributo dei genitori - anche chi era beneficiario di borse e altri aiuti. Nessuna borsa di studio può mantenerti. E se inizi a lavorare - non per comprarti l'ipod o andare ai concerti, ma per pagare l'affitto e la spesa - abbandonerai presto l'università, è chiaro. I sostenitori dei tagli parlano di rendere competitivi gli atenei; ma a l'unico criterio a cui pensano le famiglie è la vicinanza dall'abitazione, dato che troppo poche possono permettersi di pagare un affitto ai figli, le misure di sostegno allo studio sono patetiche e nessun lavoretto serale può bastare per pagare l'affitto e vivere in città - un posto letto in una camera doppia, a Milano, costa dai 250 ai 400€ mensili di affitto, per dire.
L'eventuale chiusura le sedi distaccate e gli atenei minori e periferici significherà per molti lo svanire di ogni opportunità di iscriversi all'università.

Ci importa? Dipende dal nostro quadro di riferimento. Secondo me l'università non può essere un diritto di tutti. Perché dovrebbe? L'università serve a prepararsi per determinate professioni, molto specializzate, e non è possibile ovviamente che tutti possano farle. Né si può continuare con la favola dell'università come luogo di produzione e diffusione di cultura fine a se stessa: sì, certo, studiare apre la mente, ma anche leggere o pensare. Non posso ammettere all'università una persona che semplicemente vuole farsi una cultura, così come non posso offrire all'ASL interventi di mastoplastica additiva. Vuoi una cultura? To', questa è una tessera della biblioteca: divertiti.
Idem con i tagli ai dottorati eccetera. Sì ok, il turn over, i giuovani e coraggiosi ricercatori - nelle facoltà scientifiche, forse. Dove sono io (e sono una privilegiata per quanto riguarda opportunità di accesso a non raccomandati e basso livello di baronie) il turn over avviene nel 90% dei casi con gli eredi: bel guadagno. Ogni anno la mia facoltà fa entrare 24 nuovi dottorandi - ma per dio, a cosa diavolo serviranno mai 24 dottori di ricerca in sociologia? Grazie al cielo molti non si iscrivono o rinunciano al secondo anno, altrimenti la competizione per gli assegni di ricerca sarebbe una roba da guerra civile. Dei sette colleghi del mio anno, so già cosa accadrà dopo: una rimarrà in università a fare carriera, una andrà all'estero, uno ha trovato già ora un lavoro vero in università non lo si vede mai, due torneranno al lavoro statale per cui sono in aspettativa, uno farà ancora qualche anno di precariato e poi il padre ricco gli troverà lavoro presso qualche amico, e io, beh, tornerò a girovagare senza scopo come facevo prima. Risultato: 1 su 8. Prendine direttamente tre, allora, selezionali molto più severamente, da' a tutti la borsa di studio, e vedi di formarli bene, farli lavorare, creare dei veri ricercatori.

Questi discorsi non sono amati dai miei cari compagni di lotta. Che sono, inutile dirlo, per la maggior parte provenienti da facoltà, come la mia, che al di fuori dell'università non valgono nulla - filosofia in testa. Che portano avanti una protesta tra le più corporative io abbia mai visto, ma affermando di lottare per la cultura eccetera. Sono dei bravi ragazzi, si fanno un mazzo tanto a furia di mailing list e assemblee in giro per l'Italia, ma sono pochi quelli che conoscono l'autocritica. Delle mie opinioni non faccio mistero, e forse qualcuno si chiede se sia lì per schernirli o per sbaglio; ma al contrario, sono lì perché non vedo alternativa*.
Una volta tolti questi soldi, nessuno li restituirà all'università; quindi bisogna prima bloccare questa legge, poi pensare ai contenuti. Triste, ma temo sia esattamente così.

E ora, a sorpresa e per salutare, un link bellissimo: il Ministero della Pubblica Distruzione.




* tranne quella di battersene il belino, opzione che sta risalendo la classifica.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

bellissimo post. unico caveat, nelle facoltà scientifiche il discorso dottorandi non beneficerebbe di tagli (ma di un diverso approccio alla formazione sì).

Irene ha detto...

Uh, sì, dei dottorati nelle facoltà scientifiche so solo che ci sono molti meno posti e che le ricerche di dottorato sono raramente progetti singoli, ma parte di ricerche dipartimentali - cosa bellissima vista da qui: a noi viene chiesto di fare una ricerca (empirica) completa e disciplinarmente significativa, da SOLI. Inutile (per tutti) e frustrante.

Forever Young ha detto...

Ho fatto bene a non eliminare il link dai preferiti. Bentornata.