Nell’ultima settimana ho avuto un sacco di febbre, ho ascoltato tantissima radio e ho letto tre libri molto belli. La sinergia tra queste tre attività mi ha creato una notevole confusione mentale, devo dire, tanto più che due dei libri erano degli horror (La scomparsa dell’Erebus di Simmons e Lasciami entrare di Lindqvist); inoltre ogni volta che ho la febbre sento un irresistibile desiderio di rivedere Dal tramonto all’alba, giusto per completezza.
La cosa positiva è che tutto questo è accaduto in una casa dotata di un impianto di riscaldamento. Ebbene sì, pare che i lavori siano finalmente completati. Mi piacerebbe intrattenervi con il buffo dramma che li ha accompagnati, ma chiunque abbia avuto dei lavori in casa sa di che cosa potrei parlare (improvvisi funerali di nonni calabresi, parquet disposti secondo angoli lovecraftiani, pavimenti allagati, frigoriferi staccati eccetera) quindi non infierirò ricordandovi quei brutti momenti.
Ho fatto conoscenza con Virgin Radio, un emittente che si distingue per la più totale mancanza di contenuti. Non parlo di qualità, ma proprio di sostanza: è una radio in cui non succede un tubo. Mandano musica rock, preferibilmente di artisti vincolati contrattualmente con l’omonima casa discografica, un po’ di pubblicità e un paio d’ore di “trasmissioni” preregistrate. A intervalli regolari una voce recita i claim dell’emittente, tutti di insondabile significato. Per fare un esempio: “Rock Party”, cioè le ore serali di musica non-stop, ha come slogan: “L’unico party in cui puoi lasciarti andare senza perdere il controllo”. Eh? Ma niente a confronto di quello che recita: “Virgin Radio: l’unica radio con uno stile unico”. Ma cosa significa? Queste frasi sono così prive di senso che non posso evitare di credere che nascondano invece dei messaggi in codice super segreti; magari servono per risvegliare degli agenti dormienti, e quindi sono giustamente combinazioni improbabili di parole. O magari dovrei prendere meno seriamente questa storia degli Skrull.
A proposito di musica e audaci accostamenti di parole senza senso, un’esperienza indimenticabile l’ho vissuta a un falò sulla spiaggia di un sacco di anni fa. Ero in compagnia di un gruppo di amiche più grandi di me di una decina d’anni, che avevano appuntamento per una serata in riva al mare con una loro compagnia allargata, o qualcosa del genere, più o meno di coetanee. Normalmente mi sarei divertita, perché mi piace sentire suonare la chitarra, e c’è sempre qualche canzone da cantare; ma non in quell’occasione. Quella sera a quanto pare era in atto un revival della canzone italiana stupida. Non c’era un testo che riconoscessi, a parte ogni tanto qualche ritornello; e quello che mi metteva a disagio era il sentimentalismo con il quale quelle tizie sbraitavano testi più che imbarazzanti. Come se io a trent’anni suonati mi ritrovassi con un branco di rincitrullite a cantare “È la malinconoia, che uccide a quest’età” davanti a un falò a Cogoleto.
In un climax di canzoni brutte, si giunse a una di cui non riuscivo manco a cogliere la melodia: o non la sapevano suonare, o non la sapevano cantare, oppure era veramente orrenda di suo. Parlava di un ragazzo e una ragazza, ovviamente, robe di scuola e di concerti, e ogni verso finiva con degli ululati, una tortura. Finché non ho sentito ciò che ancora oggi per me rimane Il Verso Più Terribile Della Storia Della Canzone Italiana: “Lo sai che Luca si buca ancora”. Rimasi impietrita. Luca-buca? Non poteva essere vero. Solo davanti al tg4 di Emilio Fede ho provato un tale sconcerto. Quelle persone non potevano cantare accorate una stronzata del genere - avrei voluto scoppiare a ridere, ma temevo che le Baccanti mi facessero a pezzi. Luca-buca? Ma che cazzo di rima è? Al confronto cuore-amore è shakespeariana. Ma come si può scrivere una roba del genere? È come una figurina degli Sgorbions. Luca Si Buca. Donata Avariata. Clemente Mortovivente.
Anche se l'unica che vi si avvicina davvero è la sublime, insuperabile Irene-Rene. “Lo sai che Irene ha perso un rene?”. Quasi quasi lo uso, e scrivo un toccante canzone su un’adolescente anoressica. Che farò cantare alla Tatangelo, ovviamente.
venerdì 30 gennaio 2009
Peter Cushing does that all the time.
di Irene alle 12:21
Etichette: letture, musica, una casa tutta mia
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Irene si è spostata, ma è rimasta uguale a sè stessa...
ahhaahah, sei un genio
Posta un commento