mercoledì 28 novembre 2007

nobody tells you where to go

Stamattina, al corso di Vai e Stendili Tutti, la formatrice ha usato più volte l'esempio del guidare l'auto.
"All'inizio ti sembra difficilissimo, devi controllare un sacco di cose tutte contemporaneamente, lo specchietto la frizione il volante, è ovvio che ti senti un'incapace. Poi pian piano impari, e diventa un'abitudine, al punto che nemmeno ti accorgi di compiere tutte quelle azioni".
Forse avrei dovuto dirle che non sono ancora riuscita a prendere la patente.

A proposito di automobili, questo pomeriggio mentre attraversavo la strada ho sentito un ciocco da paura, e voltandomi ho visto un signore salire su un'isola di traffico con la sua Panda, manco fosse su una bmx. La Panda, onore al merito, s'è comportata come una bmx. Rivaluto moltissimo il concetto "Panda".
E dato che in uno degli esami di guida avevo fatto una mossa simile, forse non devo abbandonare la speranza. Almeno finché resto a Milano.


In omaggio: R.E.M., Drive.

martedì 27 novembre 2007

malaselezione

Lo so che sono da meno, rispetto a tutti gli altri.

Non sono altrettanto brava, non ho studiato così tanto, non mi sono mai impegnata, non ho voglia di lavorare.
Non ho la vocazione, non ho la preparazione, non ho la serietà.
Non mi so organizzare, consegno in ritardo, non mi ci metto mai se non all'ultimo.
Sono pigra, oziosa, scansafatiche, ho la schiena dritta.

Però non l'ho mica chiesto io, di giocare la vostra partita. Anzi: ve l'ho sbandierato in lungo e in largo che non avevo alcuna intenzione di farlo.
Non mi sono mai impegnata, non mi sono mai sbattuta, non ho mai sudato; è stata sempre e solo la fortuna del principiante, in ogni tempo e luogo.

Se sono qua, o vi siete sbagliati o davvero fra la vostra gente non avete trovato nessuno di meglio. E io non posso diventare brava solo perché avete scritto che lo sono.
Se ho sonno mi addormento durante le lezioni, e se mi annoio faccio le barchette di carta. No, non sorrido alle battute che non mi fanno ridere.

E alla fine, comunque, vaffanculo.

sabato 24 novembre 2007

it's a gas

Lei: Guarda, appunto, si tratterà solo di parlare del lavoro che hai fatto alle persone che saranno coinvolte, io alla fine non ti ho incluso perché mi sembrava di aver capito che il dottorato, i lavori, insomma non sapevi -
Io: Hai fatto benissimo, quando vi incontrate mi fa piacere raccontarvi due o tre cose, ma appunto non me la sento di impegnarmi, poi va be' se avrai bisogno di una mano ovviamente ci sono.
Lei: Ah, sì, grazie, è che per ora sai nel budget iniziale non ho previsto delle consulenze esterne...
(la conversazione continua ma io sto pensando ad altro)

Sto pensando:
Da quando "dare una mano" equivale a "fare una consulenza"?
Da quando "aiutare un'amica" ha a che fare col "budget iniziale"?

Forse davvero vi frequento troppo, e con tutte queste cose di condivisione e social network e logica del dono mi avete mandato in pappa il cervello.
O forse sono stata troppo ingenua nel credere che primo sintomo di vecchiaia sociale fosse la mutazione del Regalo Non Impegnativo Alle Amiche da "cazzata etnica" a "prodotti cosmetici"; il primo, vero sintomo sono i soldi.


Di sintomi di vecchiaia fisica invece ormai so tutto.
Al momento tra l'altro sono cosparsa di cerotti medicati - cose antidolorifiche da mettere sulla schiena, diciamo. No, ovviamente non servono, anche perché come tutti i medicinali di questa casa sono scaduti da circa un anno; è che mi piace questo sensazione di bondage appiccicaticcio. E poi adoro i medicinali scaduti.

martedì 20 novembre 2007

tubi

In casa mia è successa una cosa molto Toxidrome: dal tubo della doccia escono sassolini. Sassolini bianchi, neri, rosa. Come se il tubo della doccia avesse i calcoli, per dire.
Quando ho notato il fenomeno ho pensato: Ehi, ecco un caso per il dottor House! - cioè, se questo non fosse un tubo della doccia, intendo.
Quindi ho pensato a quest'idea originale e di sicuro successo per la tv italiana: un serial su un idraulico.

Le buone notizie:
- Oggi in Posta allo sportello accanto al mio c'era un signore anziano molto preoccupato per l'avviso del Tribunale ricevuto; ma una volta che ha ritirato e aperto la busta minacciosa, è risultato che gli è stata concessa un'integrazione della pensione di 800 euro.
Per la contentezza gli è venuto il Parkinson.
Purtroppo non so quanto tempo gli rimanga per godersi quei soldi, perché, appena s'è allontanato, il livoroso impiegato dello sportello gli ha mollato una tale valanga di accidenti da determinare un drastico accorciamento della sua speranza di vita.
- Qualche giorno fa ho salvato un intirizzito ghiro (o era uno scoiattolo?), visto in una bancarella del mercato rionale, dall'essere adottato dalla sottoscritta.

sabato 17 novembre 2007

banalita'

Ieri pomeriggio sono andata alla presentazione milanese del nuovo libro di Loredana Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine.
Non era in programma, davvero. Solitamente l'uscita pomeridiana contempla cinema e cazzeggio; ma ieri non c'era nulla di particolare al cinema, siamo usciti tardi e abbiamo deciso di dare un'occhiata a una bella mostra. La libreria Feltrinelli dove si sarebbe tenuta la presentazione è vicina al PAC, quindi ci siamo detti: "Massì, al massimo ci facciamo due risate".
Macché risate. Magari.

Ci sediamo, addirittura. La platea era quella che vi potete immaginare: 70% di inguardabili carampane che giustificano da sole le peggiori battute sul femminismo, 8% di giovani maschi sfigati e vecchi maschi assopiti, 2% di MilanoDaBere, 5% di giovanissime idealiste, 15% di passanti e pensanti. Nell'attesa che inizi la presentazione sfoglio il libro, trovandoci esattamente ciò che mi aspettavo: un reportage dettagliato, dati in numero sufficiente, bibliografia un po' carente e a parer mio troppo blogografica, grande spazio dedicato all'aneddotica, citazioni pop, stile fluido e piacevole.
L'autrice viene introdotta da una signora a me sconosciuta, che leggo oggi chiamarsi Helena Janeczek e facente parte di Nazione Indiana (quest'ultima cosa s'era capita dal fatto che i primi due aggettivi dedicati al libro sono stati, indovinate un po': "necessario" e "importante"!). Presentazione lentissima e ripetitiva, stavo svenendo dalla noia. Quando finalmente la Lipperini prende parola, si dimostra invece sicura e brillante, in una parola: coinvolgente.
No, non troverete una parola contro la Lipperini in questo post, brutti squali;)! Non è di questo che vorrei parlare.

Il femminismo fa parte della mia esperienza e del mio bagaglio culturale; questioni di genere(*) e women studies fanno parte della formazione. La prospettiva di genere è così integrata nel mio "fare ricerca" da considerarla ovvia, e spesso mi scordo di nominarla. Non sono una grande mente né una grande sociologa, ma questi argomenti sono per me il livello base. Sapevo di che avrebbe parlato il libro prima di guardarne l'indice, e ne ho compreso la prospettiva con uno sguardo alla bibliografia.
Quando camminavamo verso la libreria, mentre raccontavo al mio ragazzo chi fosse Elena Gianini Bellotti, cosa avesse scritto e perché e come e quando, e cosa invece mi aspettavo da Ancora dalla parte delle bambine, gli ho anche spiegato per quale motivo mi dispiaceva che quest'ultimo anticipasse l'uscita di un libro che attendo ormai da mesi, e che per problemi editoriali o semplicemente di sfiga continua a essere rimandato: Anticorpi di Luisa Stagi, bravissima ricercatrice di sociologia e mia cara amica.
Il libro in questione è frutto di tre anni di ricerche sul tema delle ossessioni legate al corpo e al cibo, ma scritto per venire incontro al pubblico non specializzato e insomma raggiungere più persone possibile, nella consapevolezza che le sue riflessioni possono aiutare le persone a comprendere dinamiche e spezzare catene e circoli viziosi di dipendenza e sofferenza (qui il suo primo libro, "La società bulimica").
Il libro della Lipperini, sicuramente più accessibile e meglio scritto, avrebbe tolto - gli spiegavo - molti lettori ad Anticorpi, che a fronte di un inferiore appeal ha però una portata analitica rilevante e la capacità di scuotere anche persone molto sensibili e molto informate; Anticorpi infatti si concentra, più che sulla descrizione dello stato delle cose, sull'analisi dei modi e dei motivi per cui si sia arrivati a tale stato; domande che ieri pomeriggio la Lipperini evocava, senza potervi dare una risposta, quando si chiedeva, e chiedeva al pubblico: "com'è cominciato tutto questo?".

Dopo la presentazione di ieri, quel mio dispiacere mi sembra così stupido, ma così stupido da sentire il bisogno di espiarlo.
E' stato semplicemente agghiacciante vedere la platea, composta ovviamente da persone che hanno a cuore i problemi di cui tratta il libro o almeno una sensibilità sufficiente da esserne interessate, percorsa da brividi di sdegno e incredulità davanti alle affermazioni più ovvie. Vedere persone istruite scandalizzarsi di qualcosa che hanno sotto gli occhi tutto il giorno, tutti i giorni.
Mi dispiace, non so se riuscirò a spiegarmi davvero. Quando la Lipperini ha iniziato a parlare delle Winx, solo per fare un esempio, ho pensato: "Santo cielo, ma perché insistere con questa banalità?"; ma quando ho visto la reazione stupefatta e scandalizzata del suo colto pubblico, ho capito che sì, doveva insistere con quella banalità, e c'era bisogno della prolissità, delle immagini e delle didascalie, delle canzoni della Consoli e degli aneddoti, perché la gente realmente non sa, realmente non se ne accorge, realmente non ci arriva.
Non ci arriva anche se ha quarant'anni di femminismo per gamba, o tre lauree, o frequenta i salotti letterari, o ha delle figlie. La gente non ci arriva. E basta.

Quindi mi scuso con Loredana Lipperini per aver dubitato dell'importanza del suo libro. Il suo libro è necessario e importante, purtroppo.
Non vorrei scriverlo, sto male a scriverlo, ma devo farlo perché è vero, ed è una cosa su cui piangere la notte.



(*) "Genere" è infelice traduzione del termine inglese "gender", che rimanda alla costruzione sociale dell'identità riferita all'appartenenza sessuale. Significa che, sì, io sono di sesso femminile, ma ciò che corrisponde a questo stato di natura dipende dalla società in cui mi trovo, in primo luogo dall'educazione che mi viene impartita.

venerdì 16 novembre 2007

Geum-Ja la dolce

L'agente del Mossad mi è molto simile.
Innanzitutto abbiamo la stessa età. Poi siamo entrambi laureati, e in discipline che appartengono alla famiglia delle scienze sociali. Infine abbiamo una formazione post-laurea: lui ha fatto un master, io sto iniziando il dottorato. Certo, lui ha un impiego prestigioso mentre io sto ancora studiando, quindi è più avanti di me; ma non mi sembra ancora sufficiente.
Ci sono altre cose per cui ci assomigliamo, io e l'agente del Mossad: portiamo gli occhiali e i capelli corti.; entrambi abbiamo una relazione eterosessuale; siamo autoironici e disordinati.

Differenze: lui non è vegetariano, non sa usare il computer, passa molto tempo fuori casa, telefona tantissimo, viene dalla pianura, si veste in modo formale, ha la macchina, segue il calcio, non guarda film horror, dorme come un sasso.
Niente da fare, non mi sembrano rilevanti. Insomma, non apparteniamo a caste diverse, giusto?

Quindi perché l'agente del Mossad trova normale che io faccia i lavori domestici mentre a lui è concesso non farli? Perché è normale per lui incasinare e sporcare gli spazi comuni senza preoccuparsi di riordinare o pulire?

C'è solo una cosa che rade al suolo la nostra parità di status: io sono una femmina.

Evidentemente l'agente del Mossad ha vissuto per 28 anni circondato da femmine che raccattavano dal pavimento la sua biancheria sporca e ripulivano il suo cesso, quindi si aspetta che altre femmine, anche se sconosciute, continuino a farlo.

Questa evidenza mi si è palesata solo da pochi giorni, perché non fa parte del mio mondo. Non fa parte non solo del mio presente, il che è tanto ovvio da non meritare precisazioni, ma neppure della mia infanzia, dato che a fare le pulizie in casa mi ha insegnato mio padre.
Ho nuotato controcorrente come un'anguilla (eh, farlo come un salmone era un po' troppo facile) e sono arrivata fin qui per ritrovarmi in casa un uomo che pretende che io pulisca il cesso perché sono una femmina?

No ma io devo trovare qualche modo per vendicarmi.
Penso che inizierò spegnendo lo scaldabagno mentre è sotto la doccia, domattina. Mi alzerò apposta.
Accetto suggerimenti.

martedì 13 novembre 2007

im in ur papr, stealin ur newz

Sì, però sono due giorni, dico due, che in prima pagina su La Stampa trovo il link a un articolo titolato "Omicio Matilda, assolta la madre".
Omicio? Voglio dire, si parla di una bimba morta ammazzata, una notizia ritenuta sufficientemente importante da rimanere per due giorni in homepage: nessuno nella redazione si è accorto di questo imbarazzante errore di battitura?

Nell'articolo su Gabriele Sandri, leggo: "I suoi amici dicono che non era un supporter accanito e che non seguiva più da un pò di tempo le tifoserie", frase ripresa paro paro anche in un successivo articolo. Idem come sopra; già non capisco come a uno venga da digitare , cioè per me sarebbe come non so mettere una maiuscola in mezzo a una parola, utilizzare una parentesi al posto di una virgola, una cosa innaturale; già non capisco come un laureato in scienze della comunicazione, magari con un master in giornalismo al seguito, riesca a scrivere ; ma che non si faccia un controllo ortografico su un articolo, che gli errori vengano copiati e incollati su un altro articolo su cui nuovamente non si faccia alcun controllo ortografico, che per giorni gli errori rimangano in vista e nessuno se ne accorga o pensi che sia importante, per me è bestiale.

Mi dicono "Eeeh, ma sei ossessionata dalla punteggiatura e da queste cose minime, la lingua si evolve insieme ai mezzi di comunicazione" - ma NO, questo non è evolversi, questo è ignoranza. Non è OMGchiavettabypassare né, se volete, squinzia; questo è semplicemente analfabetismo di ritorno che riguarda quelli che dovrebbero essere i livelli alti dell'istruzione e della cultura.
Perché è normale che mia nonna non sappia più leggere, ma non è normale che un laureato non si ricordi che qual è non vuole l'apostrofo, non è normale che un giornalista scriva - non è normale e non va bene ed è una cosa seria, e anche se sono l'ultima che la ritiene una cosa seria, e continuerò a spaccare i maroni anche quando non ci sarà una persona là fuori che si ricorda che i puntini di sospensione sono tre - non due, non quattro, non quattordici, TRE - e che vanno seguiti, non preceduti, da uno spazio.
Per dio.

Va bene, va bene, ora prendo le mie medicine.


edit suggerito da Zu: la forma corretta, comunque, è un po'.

lunedì 12 novembre 2007

la cura di sé

Stamattina l'ho visto. Qui, a sinistra; spunta appena, ma in mezzo a tutto quel nero sembra fosforescente.
Il mio primo capello bianco.
Primo primo, non di quelli che mi porto dietro dalla nascita: un capello bianco tutto nuovo!
Se ho capito bene come funziona da queste parti, ciò significa che sono entrata nella terza età.

Ovviamente sono preparata da tempo a questo momento.
Mi sono voltata verso la mensola e ho afferrato con efficienza tra l'indice e il medio il campioncino di fluido rivitalizzante per contorno occhi e labbra.
Sul collo (davanti e dietro, mi raccomando!) ho spalmato la più classica delle creme antirughe - acquistata al compimento dei 25 anni, per portarmi avanti.
Nella zona T ho bisogno di una crema idratante per pelli miste (da erboristeria, possibilmente); per il corpo invece basta una crema nutriente, di quelle da supermercato, che costi pochissimo - ma per carità senza profumi o altre cazzate che sennò vado in shock anafilattico.

E mentre terminavo di prendermi cura di me stessa, riflettevo su quanto sono fortunata a esser nata in Occidente, che se fossi vissuta in quei posti là dove non hanno rispetto per la dignità delle donne finiva che dovevo mettermi il velo.

mercoledì 7 novembre 2007

Goodnight, Irene



Un omaggio ai fan di Van Morrison, e dio sa che ce ne sono.

La canzone l'ho scoperta grazie a Tom Waits, ma diciamo che questa versione è più, come dire, udibile. Non è il mio genere preferito in assoluto, ma una canzone che dice:

I love Irene, god knows I do
Love her until the sea run dry
If Irene turns her back on me
I'm gonna take morphine and die

merita rispetto e considerazione.

(ah, quello che suona il piano è Jerry Lee Lewis)

domenica 4 novembre 2007

auguroni

Stamattina mia mamma mi ha fatto leggere un trafiletto, no, un box, su La Repubblica di ieri.
Loro comprano La Repubblica quando esce Il Venerdì, sapete, per i programmi, perché non è che piaccia molto come giornale.
Nel trafiletto c'è scritto esattamente quanto leggo su questa pagina del corriere.it, ma lo riporto ugualmente qui.

BOLOGNA - Il presidente del Consiglio Romano Prodi al ritorno da una visita ai cimiteri reggiani è stato fermato da un giovane metalmeccanico. «Presidente, sono un operaio, prendiamo troppo poco», gli ha detto il giovane. «C'è stata una perdita del potere di acquisto degli operai negli ultimi dieci anni molto forte», gli ha risposto il premier. «Abbiamo cominciato a correggerla un po', ma ci vuole tempo».
«Lei lo sa, è durissima», ha insistito il giovane. «Io prendo 1.200 euro al mese, ma per andare a pari ce ne vorrebbero almeno 1.800». «Penso proprio di sì», ha risposto Prodi, «è un problema che già da un anno avevo rilevato, non solo tra gli operai di basso livello ma anche tra i tecnici e gli operai specializzati».
«Io sono specializzato, lavoro a Guastalla», ha aggiunto il giovane. «Alla Smeg?», ha chiesto Prodi ricevendo una risposta positiva. «Auguroni», è stato il saluto con cui Prodi si è congedato dal giovane operaio.

Quando ho alzato gli occhi dal giornale, mia mamma mi ha detto che arrivata all'ultima parola s'è messa a piangere. A piangere al pensiero di Prodi che dice Auguroni "a uno che gli dice quella cosa lì".
Poi abbiamo parlato un po'.
In casa mia si è sempre parlato di politica. Ovvio, oggi ne parliamo molto poco, dato che non c'è molto da dire. O non riusciamo più a dirlo. E' iniziato tanto tempo fa, e non credo potremo rimediare.
Il governo Berlusconi ci ha stremato; ogni giorno ce n'era una nuova, e sembrava che non potessimo fare nulla per fermarli: lo sconcerto pubblico, la controinformazione, le proteste in piazza, le proteste degli intellettuali, la satira, i giudizi degli osservatori stranieri, i richiami della commissione europea - nulla. Inizialmente se ne parlava con rabbia ma anche con lo stupore che si prova davanti al surreale; ma pian piano la rabbia diventava indignazione, l'indignazione abitudine, e un giorno ci svegliammo e ci ritrovammo tutti piallati. L'unica voce stridula che si sentiva era quella delle prese per il culo della persona Berlusconi, che sembravano orchestrate da Publitalia più che dall'opposizione.
Arrivammo alle elezioni così storditi da non riuscire a porre alcuna resistenza a quelli che ora governano. Anche io li ho votati, macchiandomi per la prima volta di una colpa, di una complicità di cui sento il peso ogni volta che mi avvicino a un quotidiano.
Con questo governo la politica è davvero finita. Non esistono più conflitti di valori; non si parla di come si dovrebbe amministrare la cosa pubblica, alla luce di diverse concezioni della stessa e del mondo; si parla di... potere? Non so descrivere ciò di cui si parla. Non so nemmeno più qual è il discorso dominante; esso è frammentato, difficile da ripercorrere, volutamente ambiguo.

E certo, sono stanca di BlogBabel, Carmilla, il declino del genere horror, o le mie disavventure domestiche, insomma delle tante cazzate con cui mi trastullo qui e altrove. Ma di cos'altro si può parlare ormai? Non serve sapere come funziona, non serve deplorarlo negli altri: mi sto ripiegando su me stessa, divento sempre più indifferente, divento sempre più razzista (io? sì, io), in una sorta di qualunquismo di ritorno che assomiglia all'apatia.
Va bene l'anarchismo individualista, ma io ho bisogno di compagni, e dove sono i miei compagni? Ipnotizzati da un'America Latina di maniera, coglionati da Tarantino e dalla minimum fax - io non voglio avere nulla a che fare con persone che hanno dismesso i loro valori e la loro ideologia, magari barattandola per due chili di rizomi e un Mac Book Pro.

Forse ho bisogno di allontanarmi di nuovo. Di chiudermi in qualche aula o biblioteca, quei luoghi dai quali tutto appare limpidamente consequenziale; forse basterebbe non prendere più la metropolitana; forse devo rileggere qualche pagina di quelle che in passato avevano fatto il loro porco dovere.
O forse va benissimo così, poiché vivo e rappresento il mio tempo; se aspetto ancora qualche anno dimenticherò del tutto di aver fatto politica, pensato politica, vissuto politica, e sceglierò in base alla convenienza l'opinione del giorno, in base al fatto del giorno, al pagerank del giorno e alla cena del giorno prima.
Senza indignazione e senza paura, se non quella che mi diranno di avere.

venerdì 2 novembre 2007

conversioni














Ho appena installato Xubuntu sul vecchio pc.
Il prossimo passo, a occhio e croce, sarà diventare vegana.
O, dio non voglia, smettere di depilarmi le ascelle.