sabato 17 novembre 2007

banalita'

Ieri pomeriggio sono andata alla presentazione milanese del nuovo libro di Loredana Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine.
Non era in programma, davvero. Solitamente l'uscita pomeridiana contempla cinema e cazzeggio; ma ieri non c'era nulla di particolare al cinema, siamo usciti tardi e abbiamo deciso di dare un'occhiata a una bella mostra. La libreria Feltrinelli dove si sarebbe tenuta la presentazione è vicina al PAC, quindi ci siamo detti: "Massì, al massimo ci facciamo due risate".
Macché risate. Magari.

Ci sediamo, addirittura. La platea era quella che vi potete immaginare: 70% di inguardabili carampane che giustificano da sole le peggiori battute sul femminismo, 8% di giovani maschi sfigati e vecchi maschi assopiti, 2% di MilanoDaBere, 5% di giovanissime idealiste, 15% di passanti e pensanti. Nell'attesa che inizi la presentazione sfoglio il libro, trovandoci esattamente ciò che mi aspettavo: un reportage dettagliato, dati in numero sufficiente, bibliografia un po' carente e a parer mio troppo blogografica, grande spazio dedicato all'aneddotica, citazioni pop, stile fluido e piacevole.
L'autrice viene introdotta da una signora a me sconosciuta, che leggo oggi chiamarsi Helena Janeczek e facente parte di Nazione Indiana (quest'ultima cosa s'era capita dal fatto che i primi due aggettivi dedicati al libro sono stati, indovinate un po': "necessario" e "importante"!). Presentazione lentissima e ripetitiva, stavo svenendo dalla noia. Quando finalmente la Lipperini prende parola, si dimostra invece sicura e brillante, in una parola: coinvolgente.
No, non troverete una parola contro la Lipperini in questo post, brutti squali;)! Non è di questo che vorrei parlare.

Il femminismo fa parte della mia esperienza e del mio bagaglio culturale; questioni di genere(*) e women studies fanno parte della formazione. La prospettiva di genere è così integrata nel mio "fare ricerca" da considerarla ovvia, e spesso mi scordo di nominarla. Non sono una grande mente né una grande sociologa, ma questi argomenti sono per me il livello base. Sapevo di che avrebbe parlato il libro prima di guardarne l'indice, e ne ho compreso la prospettiva con uno sguardo alla bibliografia.
Quando camminavamo verso la libreria, mentre raccontavo al mio ragazzo chi fosse Elena Gianini Bellotti, cosa avesse scritto e perché e come e quando, e cosa invece mi aspettavo da Ancora dalla parte delle bambine, gli ho anche spiegato per quale motivo mi dispiaceva che quest'ultimo anticipasse l'uscita di un libro che attendo ormai da mesi, e che per problemi editoriali o semplicemente di sfiga continua a essere rimandato: Anticorpi di Luisa Stagi, bravissima ricercatrice di sociologia e mia cara amica.
Il libro in questione è frutto di tre anni di ricerche sul tema delle ossessioni legate al corpo e al cibo, ma scritto per venire incontro al pubblico non specializzato e insomma raggiungere più persone possibile, nella consapevolezza che le sue riflessioni possono aiutare le persone a comprendere dinamiche e spezzare catene e circoli viziosi di dipendenza e sofferenza (qui il suo primo libro, "La società bulimica").
Il libro della Lipperini, sicuramente più accessibile e meglio scritto, avrebbe tolto - gli spiegavo - molti lettori ad Anticorpi, che a fronte di un inferiore appeal ha però una portata analitica rilevante e la capacità di scuotere anche persone molto sensibili e molto informate; Anticorpi infatti si concentra, più che sulla descrizione dello stato delle cose, sull'analisi dei modi e dei motivi per cui si sia arrivati a tale stato; domande che ieri pomeriggio la Lipperini evocava, senza potervi dare una risposta, quando si chiedeva, e chiedeva al pubblico: "com'è cominciato tutto questo?".

Dopo la presentazione di ieri, quel mio dispiacere mi sembra così stupido, ma così stupido da sentire il bisogno di espiarlo.
E' stato semplicemente agghiacciante vedere la platea, composta ovviamente da persone che hanno a cuore i problemi di cui tratta il libro o almeno una sensibilità sufficiente da esserne interessate, percorsa da brividi di sdegno e incredulità davanti alle affermazioni più ovvie. Vedere persone istruite scandalizzarsi di qualcosa che hanno sotto gli occhi tutto il giorno, tutti i giorni.
Mi dispiace, non so se riuscirò a spiegarmi davvero. Quando la Lipperini ha iniziato a parlare delle Winx, solo per fare un esempio, ho pensato: "Santo cielo, ma perché insistere con questa banalità?"; ma quando ho visto la reazione stupefatta e scandalizzata del suo colto pubblico, ho capito che sì, doveva insistere con quella banalità, e c'era bisogno della prolissità, delle immagini e delle didascalie, delle canzoni della Consoli e degli aneddoti, perché la gente realmente non sa, realmente non se ne accorge, realmente non ci arriva.
Non ci arriva anche se ha quarant'anni di femminismo per gamba, o tre lauree, o frequenta i salotti letterari, o ha delle figlie. La gente non ci arriva. E basta.

Quindi mi scuso con Loredana Lipperini per aver dubitato dell'importanza del suo libro. Il suo libro è necessario e importante, purtroppo.
Non vorrei scriverlo, sto male a scriverlo, ma devo farlo perché è vero, ed è una cosa su cui piangere la notte.



(*) "Genere" è infelice traduzione del termine inglese "gender", che rimanda alla costruzione sociale dell'identità riferita all'appartenenza sessuale. Significa che, sì, io sono di sesso femminile, ma ciò che corrisponde a questo stato di natura dipende dalla società in cui mi trovo, in primo luogo dall'educazione che mi viene impartita.

14 commenti:

pb ha detto...

>No, non troverete una parola contro la Lipperini in questo post

vabbè, potevi dirlo all'inizio! :D

Anonimo ha detto...

Cos'ha detto delle Winx la Lipperini?

Irene ha detto...

Paolo hai ragione, sono stata infinitamente subdola! ;)

Fra, scusa ma la mia intenzione non era e non è quella di discutere il libro della Lipperini. Lamento la necessità del libro; basta, però. Se vuoi sapere cosa dice, leggitelo, sono sicura che sarà una lettura interessante per te come per l'appunto per una fraccata e mezza di persone.

Anonimo ha detto...

Ho ben presente quel 70% di carampane. Fanno parte di un centinaio di signore milanesi senza chiara occupazione che sono a tutte le presentazioni di libri, a tutti i dibattiti fra scrittori, ecc. Che si tratti di un libro sugli OGM, di uno sul femminismo, di uno sulla storia della logica, loro sono lì. E sono sempre la maggioranza del pubblico. Questo per dire:
(a) la vivacità di questi momenti culturali milanesi;
(b) che queste carampane non sono rappresentanti del pubblico colto, e neanche della gente comune.

Anonimo ha detto...

Ire: lo leggerò, però dopo la monumentale "Storia della Massoneria in Italia" di Mola che ho acquistato ieri.
In realtà mi interessano molto le Winx perchè sono uno dei pochissimi esempi di cartone animato italiano di successo nel mondo. In genere provengono da America e Giappone, qui è successo il contrario. Inoltre, ho avuto modo di sentire gente che ha scritto per le Winx (gente che adesso sta facendo questa figata http://www.youtube.com/watch?v=DtpzPj12pj4 senza una lira) e mi è sembrata gente in gamba, tutto qui. Dal tuo post sembravi supporre un giudizio sulle Winx che io non mi ero in nessun modo fatto :)

Unknown ha detto...

temo di far parte di quell'insieme di persone che non capiscono.

detto in quattro parole: stabilito che modelli comportamentali farlocchi esistono per tutti i gender, non è semplicemente l'intelligenza e la capacità critica personale a far sì che qualcuno possa fuoriuscirne? e di coloro che non hanno le doti per fuoriuscirne, ce ne frega veramente qualcosa?

Anonimo ha detto...

Non lo dico perchè nel post non hai parlato male di me, giuro: ma mi avrebbe fatto piacere conoscerti. Sul serio. Grazie per quello che hai scritto: e di una cosa puoi stare certa (almeno, io lo sono). Nessun libro toglie spazio ad un altro: contemporaneamente al mio è uscito Ginocidio, presso Eleuthera, che io continuo a consigliare con tutto il core. Quando uscirà, Anticorpi, lo leggerò sicuramente e farò tutto il possibile per diffonderlo. Credo che i libri, su questi argomenti, non siano mai abbastanza. Ancora grazie
Loredana

Irene ha detto...

Filter, ho presente le freak di cui parli, ma ti assicuro che la percentuale di professoresse e femministe nel pubblico era comunque alta. Non saranno state tutte intellettuali, ma colte nel senso di fornite di una certa cultura sull'argomento indubbiamente sì.

Brullo, hai sollevato obiezioni simili quando hai parlato dell'anoressia sul tuo blog. I modelli comportamentali non sono "farlocchi", anzi sono molto funzionali; e non sono solo comportamentali, ma cognitivi.

Signora Lipperini, non c'è alcun bisogno di ringraziarmi: sarebbe stato poco onesto da parte mia scrivere il contrario. Spero che "Ancora dalla parte delle bambine" abbia una grande diffusione.

Unknown ha detto...

I modelli comportamentali non sono "farlocchi", anzi sono molto funzionali; e non sono solo comportamentali, ma cognitivi.

abbi pazienza per il linguaggio approssimativo.
quello che ti chiedo è: ha veramente senso una "lotta" contro tutto questo? se le bambine vengono educate con certi modelli (ma anche i bambini: trovo curioso che non mi riporti un libro su entrambi i generi, risulta forse che nel mondo dei tronisti i bambini e gli adolescenti maschi crescano in modo sano e oggettivo?), non è infine responsabilità delle bambine stesse avere e/o acquisire la capacità di fuoriuscirne?

perchè tutti cresceremo con qualche modello esterno, e certi tipi di categorizzazioni sono intrinseci alla specie umana. alla specie umana piace essere massificata, piace finire in ruoli prestabiliti, facciamocene una ragione.

voglio dire: lo scopo è nobile. ma è anche sensato?

Anonimo ha detto...

Grazie Irene per questo tuo bel post.
Ci vediamo su Anobii.

Perrottella

Anonimo ha detto...

Questo è un bellisimo post, che mi fa sentire un po' una merdina e un po' in colpa. Grazie d'averlo scritto. (secondo me un po' t'è costato. Dico in generale, non certo perché hai usato parole, diciamo, buone nei confronti del libro di Loredana)
[Ste]

sergiokar ha detto...

...io sono di sesso femminile, ma ciò che corrisponde a questo stato di natura dipende dalla società in cui mi trovo, in primo luogo dall'educazione che mi viene impartita.

Quante persone oggi sono consapevoli di ciò? Pochissime. Figurati le ragazzine...Io sono convinto che senza il raggiungimento di tale consapevolezza, da parte di uomini, donne e bambini, non ci sia alcuna speranza per il futuro del genere donna. Se una donna è geneticamente più portata per fare le pulizie o sculettare, come può sognarsi di fare il presidente della repubblica?

Irene ha detto...

@Brullo: esistono studi sulla "mascolinità", certo, e quando si parla di studi di genere non si finisce per "parlare di donne", ma per parlare della cosa x declinandola secondo i generi degli attori coinvolti. Solo che, realisticamente, agli studiosi non conviene più di tanto adottarla, così che rimane più o meno campo delle studiose. Si parla di più, in questi ghetti disciplinari, di donne, perché degli uomini si parla molto fuori da essi, laddove si finge di usare il pronome "neutro".
Per quanto riguarda i modelli, certo che sono innaturali per entrambi; io però non mi riferisco tanto ai modelli di bellezza o a quelli di successo, che come dici tu si possono sconfiggere con un po' di normale autonomia mentale, ma ai modelli di individuo. Chi se ne frega se mi si dice che devo essere efebica o al contrario prosperosa; l'importante è il rapporto io-mondo che mi si inculca, la costruzione della mia non-identità come oggetto desiderato e non come soggetto desiderante. E il fatto che su questa base, tutti i successivi stimoli/doveri di realizzazione professionale o "individuale" non possano attecchire se non in modo malforme e non di rado psicotico.
Tutto questo senza parlare, appunto, di banalità come la spinta sempre più precoce verso una femminilità porca nelle bambine o le solite statistiche sulle violenze contro le donne, o le diseguaglianze in ambito lavorativo, la doppia presenza eccetera eccetera eccetera.
A me, Brullo, delle donne frega assai; mica studio la società per salvarla, o studio le donne per spirito di corporativismo - in effetti mica le studio le donne, normalmente studio gli immigrati, e lo so io quanto riescono starmi sul cazzo gli immigrati. Quindi non c'è alcun intento, o fine, e sicuramente se ci fosse, conoscendomi, non sarebbe nobile; è solo conoscenza e possibilmente consapevolezza.

@Ste, grazie. Guarda, mi è costato stare zitta e buona durante la presentazione, e non tirare testate contro gli spigoli per i due giorni seguenti: il post è stato liberatorio! ;)

@Perottella: grazie:)!

@Sergiokar: io sono preoccupata anche per il futuro del genere maschile. Le ragazze stanno male, e i ragazzi stanno con ragazze che stanno male, quindi o sono tutti sadici, o stanno male pure loro, o staranno male tra pochissimo. Comunque sì, poche persone riflettono ormai su tali questioni; mi rendo davvero conto che il femminismo non ha lasciato nemmeno un'eredità di senso comune, di abitudini educative diciamo. C'è stato uno strano salto all'indietro; genitori più giovani dei miei educano i loro figli e le loro figlie secondo modi e principi propri dei miei nonni. Destabilizzante.

Anonimo ha detto...

Dici bene. "La gente non ci arriva", e non ci arriva perchè comunque si comporta nel modo che ben conosciamo: segue la corrente. Il femminismo c'è stato, e ha lasciato delle conquiste e delle eredità fondamentali, di cui ci dimentichiamo perchè ormai le diamo per scontate, e che inoltre spesso sono utilizzate nei modi peggiori dalle stesse donne. Ragazzine che approfittano per esempio della enorme libertà di fare, andare ed essere, scegliendo comunque di essere oggetto e non soggetto, scegliendosi l'uomo che le mena e mettendosi da sole il guinzaglio per non andare troppo lontano.
Sono d'accordo sul fatto che esistano pesanti condizionamenti nei secoli dei secoli, ma sta alle donne (e agli uomini) fare le loro scelte.
Essere diversi da come è richiesto da famiglia e società è sempre molto difficile e bisogna avere le palle, maschilisticamente parlando, per farlo.